top of page

"Ad Mare Versus: pulcritùdine e ásthma"

Barbara M. Scarano

Gli attacchi di asma iniziano con un semplice colpo di tosse. Piccolo, corto. Quasi innocuo. 

Il primo di molti, a seguito dei quali, cerchi di schiarire la voce mentre la muscolatura liscia dei bronchi si contrae, causando un restringimento, la famosa e temuta bronco-costrizione.

Tutto si ferma: porti le mani alla gola, cerchi qualcuno vicino a te, non riesci a parlare, ti fermi e cerchi l'inalatore nella borsa con calma "serafica" per non farti prendere dal panico.

Nel frattempo i tessuti che rivestono le vie aeree si gonfiano, la secrezione del muco aumenta  e la frequenza cardiaca pure. velocemente. Mentre la gola si chiude trovi l'inalatore, puff puff puff e riprendi a fatica un po di aria, tossisci ma, seppur  immobile, respiri. Di giorno.

La notte è un'altra storia. Dormi con l'inalatore in mano e perdi la fase iniziale che ti avvisa dell'imminente attacco: ti svegli perché hai già saltato un paio di secondi di respiro e hai già la gola serrata.

Balzi fuori dal letto alla velocità della luce, nel buio e puff puff puff ... piangi e, spaventata, torni a respirare.

#nonsolocovid

#asmatuttiigiorni

0EB8310D-EC12-4931-B45A-AC9B9AFDE7B3.jpg
IMG_1668.jpeg

Nel 2018, da gennaio a novembre,  ho vissuto a Fregene per motivi di salute:

soffro tutt'ora di crisi asmatiche gravi e in quel momento avevo davvero bisogno di recuperare aria pulita per i miei poveri polmoni.

Sono partita con la febbre alta, sono stata molto male e, fino a marzo, non ho respirato con facilità. 

Ho cambiato 4 alloggi in 9 mesi.

In gennaio ho passeggiato avanti e indietro sulla battigia, per strada, in pineta.

Gironzolavo senza meta per un paesino che non conoscevo, senza conoscere nessuno. 

La solitudine che ho provato nei primi mesi era profonda, tangibile, quasi avvolgente.

Il mio respiro sibilante della notte 

Con passare delle settimane ho fatto qualche conoscenza e ho imparato qualche scorciatoia.

Ho scoperto il mercato del lunedì, il cancello aperto verso il mare del Lido e un villaggio chiamato dei Pescatori. 

Ho comprato la mia prima bicicletta da Heidy in piazzetta. 

A fine febbraio neve è scesa copiosa dal cielo: il mare con la neve è una cosa meravigliosa, nonostante i 3 gradi in spiaggia ho iniziato a fare qualche foto. 

Me la prendevo "comoda", come si suol dire, camminavo, e sbalordita come una bambina

Ho destrutturato molti pensieri e preconcetti, ho imparato a vivere il tempo senza fretta senza sentire il peso delle ore.

Ho vissuto di bellezza e natura.

Sono tornata a respirare senza medicine.

Ho vissuto sino in fondo la solitudine, quella vera, quella che rimette tutto al suo posto.

Ho visto il silenzio.

Ho respirato il tempo con la macchina fotografica tra le mani. 

Niente regole, nessun giudizio.

Io e la mia macchina. 

Ho sempre creduto nella sincronicità  degli eventi e dopo tre mesi di quarantena forzata, a causa di un virus respiratorio, ho potuto raccogliere pensieri e finalizzare la mia personale.

Questo progetto è dedicato a tutte le persone che ho conosciuto a Fregene che mi hanno insegnato  a respirare in maniera diversa. Sono grata ad ognuno di loro per le passeggiate, le chiacchiere, i sorrisi e per il  cammino percorso insieme.

 

Ne farò sempre tesoro.

Fregene 

Barbara M. Scarano

I piedi nudi nel mare di gennaio  

una cena senza vino

una collana di perle rotta

un abito nero elegante senza scollatura 

un percorso senza meta anche se il tempo corre.

 

Una fotografia sfocata a un mare senza confini 

il mio  sguardo perso,

il viso di mio padre che sorride quando

a terra

mi sbuccio un ginocchio.

Una lacrima nuova sul viso e una barca rovesciata sulla sabbia fredda della notte, il mio riparo.

 

Conchiglie rotte dentro un barattolo, 

il ricordo che ho di te.

Vivo nel cuore, negli occhi."

bottom of page